Passeggiando con l’Autore

“I libri sono importanti, inutile nasconderlo.

Senza i libri non ci sarebbero gli scrittori, no scusate senza gli scrittori non ci sarebbero i libri, di conseguenza gli editori, i lettori, i librai, le biblioteche, le scuole, i saloni, le recensioni, le riviste, le presentazioni, le classifiche, i successi e le delusioni (non tutti i libri riescono con il buco d’altronde)… E via dicendo.

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Quindi i libri sono davvero importanti, ma non possono essere l’unica cosa importante del Salone del libro, questo no.

Sarebbe riduttivo…

Ci sono altri momenti epici che vale la pena di vivere affrontando quella bolgia infernale formata da tre padiglioni comunicanti in cui è facile smarrirsi se non si è forniti di uno spiccato senso dell’orientamento.

Non fare la coda, per esempio.

Arrivare di fronte a “piazza Lingotto”, osservare le truppe di studenti, casalinghe, lettori cronici e curiosi da toccata e fuga pronti ad assalire i botteghini, e tirare dritto.

Avvicinarsi all’entrata dedicata agli addetti ai lavori, girarsi verso quel fiume di schiene con zaini e borse a tracolla e urlare, come in un film di Alberto Sordi: “lettori…” seguito da una clamorosa pernacchia liberatoria.

La goduria del privilegio, da raccontare ai nipotini e da rimarcare in ufficio facendosi anche lì beffe degli invidiosi colleghi che si sono fatti un’ora di coda sotto un sole bastardo che già alle dieci del mattino aveva deciso di darsi da fare.

Poi è bello incontrare qualche personaggio noto per annotarne i difetti estetici mascherati dalla televisione.

Il peso degli anni, per esempio, che non può essere occultato dal trucco e quelle pancette, specie per gli uomini, che sono reali, tangibili, plateali.

Sarebbe divertente avvicinarsi a un presunto VIP, puntarlo senza esitazioni e domandargli “mi scusi, ma lei è…”, lasciare in mezzo una pausa piena di illusioni prima di proseguire con “…al corrente di dove sia la sala Argento?”, che lascia la persona nota in balia di una cocente e inconfessabile delusione.

E tu che ti allontani, dopo la sua molle risposta, sghignazzando come un idiota.

Bellissimo è anche avvicinarsi alla toilette, scorgere un serpentone di donne in coda per espletare i propri bisogni e sapere che tu, in qualità di uomo, potrai superare quell’universo femminile, svuotare la tua vescica, lavarti le mani, asciugarle sotto il fon, ritornare sui tuoi passi e scoprire che la coda in rosa sarà avanzata di una decina di millimetri, se va bene.

Normale domandarsi come sia possibile che dopo anni e anni di Salone nessuno abbia pensato di aumentare il numero dei wc destinati alle donne.

Uno dei tanti misteri italiani.

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Quando arriva l’ora di pranzo poi il tuo sguardo si può illuminare d’immenso se, tra un espositore e l’altro, scorgi, bello come un miraggio, il chioschetto degli hot dog che sta aspettando solo te.

Goduria pura è afferrare quella specie di maxitubetto di maionese, lasciato lì a disposizione del cliente, e condirsi in libertà il proprio maialoso panino.

Lo so che può apparire oltraggioso rispetto alla sacralità di quel luogo, ma che male c’è nel confessare l’inconfessabile?

Che male c’è nel dire che è bello, bellissimo sedersi, svaccarsi sui gradoni dell’ingresso e lasciare che un fiume di Coca cola fredda inondi la tua gola, il tuo stomaco, la tua vescica.

Bando ai sensi di colpa, di assortimento ce n’è tanto: la focaccia ligure, i panini stile Autogrill (prezzi folli compresi), le insalatone nel cestino di pane, le patatine nell’oleoso cartoccio, i dolci e i gelati con quattro gusti in croce tra cui scegliere.

Sì, è anche bello vedere un ragazzino, capelli lunghi e sguardo curioso, sdraiarsi sopra la moquette rossa e sfogliare un libro appena comprato perché non può attendere di arrivare a casa per leggerlo e vada a quel paese la Playstastion.

C’è la gioia per un lembo di panchina conquistato.

C’è la gioia nell’incrociare un vecchio amico che non vedevi da una vita.

C’è la gioia per quel giorno di ferie che ti sei preso mentre gli altri stanno sgobbando (vedendo quanta gente c’è là dentro inizi però a dubitare che ci sia ancora qualcuno presente sul posto di lavoro).

C’è la gioia per il cellulare che prende e non prende così se qualche scocciatore ti vorrà stanare faticherà a trovarti.

Rocco al Salone

Poi c’è l’orgoglio per quella dedica su un tuo libro, la gratificazione nel ricevere il complimento di un lettore, il fastidio nell’osservare quei ragazzini che corrono, corrono e non si fermano mai, quasi che l’unica cosa importante per loro sia quella di non trovarsi a scuola in quel momento.

E tu che ti irriti, ma poi alla loro età facevi lo stesso: correvi, correvi e non ti fermavi mai.

Lettori Salone-del-Libro-di-Torino

E poi ci sono i libri con le loro armi di persuasione: il nome di un autore conosciuto, un titolo efficace, una copertina che ti conquista, una sinossi intrigante, il formato del libro stesso che ti piace e non riesci a motivare la cosa, ti piace e basta…

Sono la cosa più importante del Salone, tra le cose più importanti della vita, anche più di un hot dog con maionese o un trancio di focaccia ligure…

Anche loro da divorare, tra un boccone e l’altro.”

 Rocco Ballacchino

Fonte: Taurinews

Passeggiando per Torino…

http://www.mole24.it/m24-content/wp-content/uploads/2014/03/piazza-vittoriotorino-e72f7754-a853-4af9-bddc-5dfb92e8a5d3.jpgDa: Porta Nuova A: Piazza Vittorio Veneto

Tempo di percorrenza: 40 minuti a passo spedito, 60 con passeggino, 80 anziano con badante

Ti lasci alle spalle Porta Nuova e sfidi senza paure la “rassicurante” piazza Carlo Felice, ameno luogo turistico in cui saltuariamente viene ancora praticato il gioco delle tre carte a scapito dell’allocco di turno. Imbocchi quindi la centralissima via Roma con quei portici infiniti e quei negozietti accessibili a tutte le tasche, altrui…

Dopo alcuni isolati sei già nella celebre piazza CLN, da molti citata soprattutto per l’ambientazione di Profondo Rosso più che per la liberazione nazionale, luogo che ti lasci in fretta alle spalle perché il tuo sguardo è rapito da quel salotto a cielo aperto rispondente al nome di Piazza San Carlo, al centro della cui superficie troneggia il cavallo di bronzo dedicato a Emanuele Filiberto, a volte preso in ostaggio dai tifosi nelle serate di euforia pallonara.

Se nell’istante in cui passi in quel posto hai voglia di prenderti un caffè e, soprattutto, di offrirlo a qualche amico, un solo consiglio può esserti utile: prosegui!

Dopo che la tua compagna avrà dedicato tutta la sua attenzione alle scintillanti vetrine osservate in precedenza verrà il momento del riscatto per te uomo che proverai a intrufolarti nello store della Apple, attirando le lamentele femminili che culmineranno con un “sai pensare solo a quello” a cui risponderai con un mal celato ingrossamento del fegato.

Qualche minuto dopo sei in arrivato in piazza Castello.

Se provi, per una volta, a guardarla con l’occhio del turista e non del “torinese son sempre qui” non puoi non pensare che sia davvero bella e lo fai anche se non ti accorgi che hai perso di vista tuo figlio che, nel frattempo, si è tuffato dentro una di quelle fontane senza recinzioni che sì saranno tanto belle, ma se non hai il cambio dietro e tua moglie ha la luna storta possono trasformare il tuo pomeriggio in un inferno.

Ma non finisce qui…

Ti dirigi verso via Po e transiti inevitabilmente accanto al MacDonald con meno spazio tra il bancone per servirti e la porta di ingresso che ci sia al mondo, con l’ultimo della coda che, se volesse, potrebbe, mentre aspetta il suo turno, consumare un gelato da Grom.

Ma tiri dritto e finalmente sei nella via del fiume, sempre scortato da quei portici che non sembrano mai terminare.

Non manca troppo al traguardo e acceleri il passo, zigzagando tra gli studenti universitari che affollano quella zona e che, dopo la laurea, faticheranno a fare qualcosa di diverso.

Quando pensi che il meglio ci sia già stato, che nulla possa ancora emozionarti arrivi in piazza Vittorio Veneto, una sconfinata distesa di cemento, con la collina come fondale che sembra dipinta a mano con un bassorilievo che è la chiesa della Gran Madre.

Certo di strada ne hai fatta, di energie ne hai spese, di litigate ne hai inscenate, di cose non ne hai capite, ma sei lì e non ti resta che solo una cosa fare: alzare lo sguardo e, dopo aver respirato profondamente, sorridere.

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Fonte Taurinews

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